giovedì 12 aprile 2012

Caso studio: la Doggy Bag


Il doggy bag è per gli anglosassoni, ma ormai per tutto il mondo, il sacchetto che ci si porta da casa o che si chiede quando si mangia fuori, ad esempio in un ristorante, al fine di conservare gli avanzi del pasto per portarli al proprio cane. Normalmente, quel cibo non viene di necessità consumato dall’animale domestico ma da chiunque, soprattutto se in buone condizioni (visto che ci si porta via anche le bottiglie mezze piene di vino).
Questa filosofia si sta distribuendo in tutto il mondo per varie ragioni:
- A seguito della crisi economica molte più persone cercano di risparmiare e un cibo pagato ha un valore anche e soprattutto se non lo si può consumare contestualmente al luogo dove viene somministrato; bisogna considerare che molte volte nei ristoranti si consumano cibi particolari che non si riescono a preparare da soli o particolarmente costosi, che si vorrebbero portare a casa per gustare ulteriormente se sono avanzati.
- La crisi ha suscitato sempre più numerose campagne della “green revolution” che hanno indirizzato i comportamenti dei consumatori in funzione di ridurre gli sprechi alimentari, ma anche i rifiuti. Per esempio, in Italia ha fatto molto clamore il fatto che Michelle Obama, moglie del presidente degli USA, abbia chiesto la doggy bag in un ristorante di Roma; si insinuano quindi modalità di consumo che prima erano considerate addirittura una forma di “maleducazione”, con l’introduzione di un’etica del risparmio.
- La doggy bag infine è richiesta da coloro che eticamente riescono a valutare che il cibo che si trova nel piatto è costato la vita ad animali e a piante, oltre che lavoro umano.

(Testo tratto dal libro "Il Piatto Piange" di Andrea Meneghetti http://www.lulu.com/)

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