giovedì 3 maggio 2012

Analisi del Vegetarianismo 4/4

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Il bias etico del vegetariano

I vegetariani e gli animalisti evidenziano nel loro comportamento un imponente bias etico: pensano di essere nel giusto e soprattutto soffrono se vedono altri che si comportano in maniera diversa da loro. Alle volte pretendono di imporre le loro idee agli altri, influenzando la politica (cosa più che legittima) ma anche facendo azioni di provocazione che alle volte sfociano in violenza pura, perpetrate anche nei confronti di persone, e considerano se stessi come dei martiri. Il bias etico si presenta nella valutazione dell’ambiente esterno e della vita. L’etica è soprattutto lotta per la propria vita, per lo spazio personale e della comunità di riferimento. Ma lottare per lo spazio della comunità è cosa diversa dal credere che con la propria azione si possa salvare il mondo e tutti gli animali della terra. Ed è fuori da ogni sano rapporto con la vita metterla a repentaglio se non è in funzione della propria sopravvivenza.


Vegetarianismo e giovane età

I bambini non sanno da dove venga il prodotto alimentare che si trovano nel piatto. Una volta, almeno nella cultura contadina delle campagne italiane (completamente diverso è il quadro sociologico Nord Americano), il ciclo di allevamento dell’animale era palese ed era fondamentale che fosse conosciuto anche per il benessere delle comunità.
Oggi le giovani generazioni non sono a conoscenza delle sofferenze degli animali e, quando le realizzano, per alcuni c’è un vero e proprio rigetto della realtà con conseguente rifiuto del consumo di carne (si tratta di percentuali marginali della popolazione).
Alla base di questa situazione ci sono comunque due fattori che vanno sottolineati per le loro implicazioni etiche:
- La società, tanto per dettami religiosi quanto per marketing pubblicitario, promuove la cultura della fratellanza e della solidarietà. Posto che già geneticamente siamo predisposti a comportamenti solidali e di protezione nei confronti dei nostri simili, il fenomeno supera di gran lunga le esigenze biologiche intraspecifiche e razziali. Si è instillato nella testa della gente che bisogna aiutare gli altri (anche se non si sa chi siano) ma soprattutto che non ci deve mai essere sofferenza; in particolare la sofferenza di qualche essere vivente (quindi anche degli animali) è vista come qualcosa di sbagliato, da combattere, da far cessare. Questo è un approccio fortemente distorto dato che la vita è sofferenza e lotta per la sopravvivenza. Il disegno che sottende questi fenomeni culturali è quello di un maggiore controllo delle popolazioni e di un loro efficace sfruttamento anche dal punto di vista delle rimesse in danaro, di volontariato e di acquisti condizionati.
- I film, i telefilm, la televisione, i cartoni animati, le pubblicità ci mostrano “l’amicizia” nei confronti degli animali che vengono rappresentati umanizzati, buoni, teneri, indifesi e con sentimenti. Anche questa è una distorsione della realtà, tanto che sono numerosi i casi in cui persone che pensano agli animali selvatici come a simpatici “cuccioloni” finiscono poi per subire delle conseguenze anche gravi. È famoso il caso di un visitatore di uno zoo cinese che voleva abbracciare un orso ed è stato poi assalito (l’orso tra l’altro è uno degli animali più pericolosi per l’uomo). Ma altri casi relativi ad altri tipi di animali si sono verificati in parchi pubblici dove i turisti si sono avvicinati troppo alle specie selvatiche. Va poi considerato che anche i cani ed i gatti, seppur domestici, regolarmente mordono, graffiano, assalgono gli esseri umani.

Seppur fortemente informata ed attenta alla vita degli animali, la popolazione appare dunque complessivamente infantile ed immatura, a prescindere dall’età anagrafica.
Molto frequente è nei bambini il rifiuto di alcuni tipi di carne a seguito dell’esperienza dolorosa o sgradevole subita mangiando della carne (ad esempio aver rigettato il pasto perché il prodotto era avariato; carne quasi cruda; problemi intestinali anche gravi a seguito del consumo di carne o averne dato la causa alla carne mangiata contestualmente).
Altrettanto importante (meriterebbe un capitolo a sé stante), è il caso nel quale i genitori impongono ai figli, soprattutto se in tenera età, una dieta vegetariana. Questa scelta è molto rischiosa sotto vari punti di vista, il principale dei quali è la carenza nutrizionale, oltre al fatto che si va ad imporre ai figli un’etica e una visione del mondo che li renderà schiavi piuttosto che persone libere ed in salute. Si fa notare che questa scelta etica prende un caratteristica addirittura anti-vitale e gravissima dal punto di vista della salute quando si imponesse ai figli una dieta di tipo vegano: dei bambini sono morti perché i genitori hanno loro imposto una dieta troppo restrittiva, basta pensare al caso della bambina francese Louise Le Moaligou.
Nonostante esperti e luminari suggeriscano questo tipo di alimentazione per i bambini, fino dalla più tenera età, è il caso di mettere in guardia tutti, di farci un pensiero approfondito. I bambini figli di vegetariani potrebbero avere problemi di salute e di sviluppo, anche cerebrale, se non si nutrissero in maniera corretta; i vari testi di pediatria consigliano a coloro che fanno questa scelta alimentare per i propri figli di farsi strettamente seguire da un medico. Quello che stride è il fatto che la nutrizione dovrebbe essere qualcosa di sufficientemente “naturale ed istintivo”; difficilmente i nostri avi avevano bisogno di queste sovrastrutture sociali per riuscire ad allevare i propri figli. Questo palesa che alla base c’è qualcosa che non quadra.
Le informazioni distorte che vengono passate ai figli avranno conseguenze sulla percezione della vita e degli animali. Questi genitori, per la propria instabilità psicologica e per gratificare la loro etica, fanno del male ai propri figli. In questo caso si potrebbe davvero dire che è un’etica malata; è una struttura cerebrale che va in cortocircuito, un software che non gira più bene se non riesce a salvaguardare la vita personale e quella della propria prole (per salvare invece quella di altre specie animali).>>

(Testo tratto dal libro "Il Piatto Piange" di Andrea Meneghetti vedi qui)

2 commenti:

  1. Temo che non abbia mai letto il DSM.
    Tra l'altro al primo anno di psicologia ci spiegarono che l'alimentazione è cultura, e la cultura non è un disturbo mentale. La cosa triste è che farà soldi con questa immondizia...un mix di luoghi comuni e menzogne, spero dette con consapevolezza.

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  2. Non dica così... lei non ha idea che fatica mi sia servita per fare un libro del genere oltre ad anni di rinuncie e sacrifici economomici... Mi creda che non farò i soldi perchè non ho venduto nulla fino ad ora. La ricerca che ho fatto mi è servita anche per uscire da una condizione di difficoltà psicologica che mi ha consentito di capire gli errori personali e quindi quelli di molte altre persone. Per mia fortuna ho risolto ma ho duvuto lasciare una traccia, se non altro perchè tanti altri ragazzi là fuori soffrono e io sono disposto a regalare il mio libro o i suoi file a coloro che abbiano voglia di mettersi in gioco, come ho dovuto fare io per non soccombere. Mi ripeto non è stato facile!
    Per quanto riguarda il DSM aspetto da lei degli aiuti a colmare la mia ignoranza sull'argomento, del resto non sono onniscente e la mia cultura si ferma ad una laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari più qualche esame in Neuroscienze; sono aperto a tutte le critiche per fare una nuova edizione più adeguata.
    Saluti

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