sabato 12 maggio 2012

Ortoressia Nervosa 2/3

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Il termine ortoressico deriva dal greco ortos che ha i significati di “diritto”, “giusto”, “corretto” e órexis che vuol dire “appetito”. Di particolare interesse è l’uso dei termini perché i dualismi che si incontrano in questo disturbo che si riflette sul cibo ci illuminano sul fatto che ci troviamo in una patologia che coinvolge la sfera etica: cibo “buono-cattivo”, alimento “giusto-sbagliato”, dieta “corretta-scorretta”, pasto “sano-insano”, cibo che “fa bene-fa male”. Dualismi terminologici che da sempre caratterizzano l’etica. Infatti molto probabilmente quello che fa scaturire questo disturbo riguarda un problema educativo-culturale: da un lato si è abituati a seguire i dettami dell’autorità (ma anche le regole della religione) e dall’altra si viene bombardati dai messaggi dei media, magari contrastanti, e non si riesce più a capire a chi bisogna credere e che cosa è giusto fare. Anche i messaggi in campo alimentare sono però contrastanti, con conseguente perdita della prospettiva, per una personale concezione e percezione, di cosa sia un cibo “sano”.
Si crea quindi un comportamento ossessivo e irrigidito su certe posizioni che porta ad uno sbilanciamento della dieta, più che ad una sotto-nutrizione. Questo è un punto particolarmente importante dato che, per buoni tratti della vita del soggetto ortoressico, dall’esterno non ci si rende conto che c’è qualche problema psicologico che si riversa anche sulla fisiologia, perché il peso corporeo è ancora adeguato alla persona; solo nel momento di eventuali analisi cliniche si scoprono degli scompensi di tipo nutrizionale. Dal punto di vista fisico, le conseguenze dell’ortoressia possono essere svariate, visto che i tipi di diete cambiano da soggetto a soggetto, contemplando restrizioni specifiche a seconda dell’intorno percepito. Le conseguenti carenze che si determinano, purtroppo spesso evidenti solo dopo molto tempo, sono in genere squilibri elettrolitici, avitaminosi, osteoporosi, atrofie muscolari e altri problemi fisici che spesso richiedono lunghi periodi di correzione alimentare per il recupero, talvolta interventi persino di ospedalizzazione, e altre volte sono condizioni irreversibili.
Un esempio di un componente alimentare che può essere frainteso nelle quantità di consumo da un ortoressico, potrebbe essere quello della vitamina A: se viene consumata in dose eccessiva può dare allucinazioni, ma i “dettami” che appaiono sulle riviste patinate dicono di consumare tanta vitamina A perché fa bene alla vista e il carotene, che ne è un precursore, fa bene alla pelle. Si potrebbe sentire un ortoressico che dichiara di bere tanta acqua per “purificarsi”, come in televisione viene ripetuto spesso nelle trasmissioni “sul Benessere”; ma invece bisogna stare attenti perché bere troppa acqua troppo velocemente, magari dopo aver fatto sforzi fisici che hanno fatto sudare, può portare ad iponatriemia. Questi sono solo due degli innumerevoli esempi a cui un ortoressico potrebbe essere esposto a seguito dell’influsso mediatico, ma ci fa capire come ognuno di noi potrebbe fraintendere dettami nutrizionali che ci vengono proposti come dei “toccasana” per la vita, ma invece possono portare al rischio, paventato da molti autori del settore, di una deriva ortoressica della società.
Rimane da capire, nel comportamento dell’ortoressico, questo senso di superiorità e di godimento nel rifiutare il cibo di fronte agli altri, quasi a dimostrare il suo personale coinvolgimento nel mangiare “puro”.
Lo sviluppo nella cultura sociale delle forme complementari di terapia (dieta, sport e movimento ecc.), è un fattore chiave nella diffusione della ortoressia. La ricerca di metodi alternativi alla medicina tradizionale ha individuato nella dieta uno dei più importanti mezzi per il mantenimento della salute. Quello che non è completamente compreso dall’ortoressico è che gli effetti e l’efficacia delle diete sono mediati da fattori genetici e temporali, mentre per lui la dieta diventa un mezzo addirittura salvifico della salute e della vita dell’uomo.
Tra i casi di analisi sociale che riguardano questa malattia ne riportiamo due che ci dimostrano, per il primo che spesso un bias alimentare si riversa anche sui figli, e per il secondo che l’importanza che viene data all’immagine in questa società può essere eccessiva:
- Esistono genitori che per loro sbagliate credenze personali sul cibo (ad esempio che il grasso è sempre cattivo e da togliere dalla alimentazione) causano malnutrizione nei loro figli imponendo una dieta non adeguata all’età dello sviluppo, dove anche componenti considerate dannose (ad esempio per gli anziani) hanno invece la loro funzione.
- Personaggi dello show business, schiavi della loro immagine, controllano in maniera ferrea le loro diete al limite del patologico. Si evince da molti di questi comportamenti un’ansia di fondo personale, ma anche della società intera. Tra l’altro questi comportamenti fanno sorgere altre riflessioni: la prima è che, per l’importanza mediatica che certe persone danno a questi personaggi, i casi di emulazione sono frequenti e gli effetti possono essere catastrofici (specialmente sulle giovani menti); la seconda riflessione è che, per la loro ricchezza, questi personaggi hanno la possibilità di andare oltre il razionale, almeno per periodi più o meno lunghi di tempo, fino al crollo psicofisico che prima o poi arriva, magari quando il riflettori sono ormai spenti ed il vuoto affettivo si è creato intorno a loro (anche perché è proprio un atteggiamento dell’ortoressico quello che lo porta ad allontanarsi da coloro che non condividono la stessa etica alimentare).>>

(Testo tratto dal libro "Il Piatto Piange" di Andrea Meneghetti vedi qui)

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