sabato 30 giugno 2012

Critica alla FAO

<< Caso studio: critica alla FAO

La FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), come dice il sito stesso dell’organizzazione, «guida gli sforzi internazionali per sconfiggere la fame. Agendo sia nei Paesi sviluppati che in via di sviluppo, la FAO si comporta come un forum neutrale dove tutte le nazioni si incontrano alla pari per negoziare accordi e dibattere le linee programmatiche e di condotta. Noi aiutiamo i Paesi in via di sviluppo e quelli in transizione a modernizzare e migliorare l’agricoltura, la selvicoltura e la pesca, e assicurare a tutti una buona alimentazione. Dalla fondazione, nel 1945, una particolare attenzione è stata dedicata alle aree rurali in via di sviluppo, che accolgono il 70 percento della popolazione mondiale povera e affamata» (http://www.fao.org/about/en/).
Dai dati che emergono ogni giorno e che troviamo sullo stesso sito della FAO, la fame del mondo non è assolutamente stata ridotta. Anzi è aumentato il numero delle persone che in termini assoluti muoiono di fame, anche perché la crescita numerica della popolazione ha un andamento esponenziale. Se ne deduce che la FAO negli ultimi anni ha sempre fallito i suoi obiettivi.
Emerge il dubbio che queste organizzazioni siano create dai paesi occidentali per esercitare un controllo psicologico sulle popolazioni dei paesi più poveri, nonché per dare a quelle dei paesi ricchi una parvenza di azione mirata a risolvere una realtà drammatica in cui empaticamente si sentono coinvolte.
Quindi, come notano Colombo e Onorati (2009:45), sono continui e ripetitivi i messaggi di soluzione alle criticità del mondo: «Così come le colpe e le assoluzioni, anche le ricette [alle crisi alimentari ed energetiche] sono evocate come dei mantra ipnotici».
Si coinvolgono gli scontenti per far loro credere, ad esempio, che: «il Vertice Mondiale sull’Alimentazione (che nel 1996 impegnava gli stati a dimezzare il numero degli affamati per il 2015), il successivo Summit del 2002 (che fece un amaro punto sui mancati progressi di quell’impegno, ma che poneva le basi per l’adozione di un codice di condotta sul diritto al cibo), la Conferenza sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo Rurale di Porto Allegre del 2006 rappresentano tre appuntamenti di grande rilevanza in cui la FAO e la società civile organizzata hanno saputo intavolare un dialogo costruttivo, basato sul riconoscimento dell’autonomia e sull’importanza della partecipazione» (Id., 2009:52). Ma, anche se vi è stata la dimostrazione di un dialogo costruttivo, tutto si è fermato a quello. E così ci saranno tanti altri Summit che cercheranno di trovare risposte a ciò che praticamente non si può risolvere, ma aiuteranno a sopportare le iniquità presenti nella vita e nel mondo.
Per capire il trend delle sempre nuove soluzioni individuate per i problemi atavici della malnutrizione, riportiamo dalla stessa fonte che negli ultimissimi anni – per i vari Relatori Speciali delle Nazioni Unite per il diritto al cibo – la «sovranità alimentare e produzione di cibo su piccola e media scala in chiave agroecologica» sono la soluzione ai problemi agricoli e di accesso al cibo. Questa seppur suggestiva ipotesi non servirà, purtroppo, ad aiutare le popolazioni ed i popoli poveri del mondo; al massimo, se mai verrà messa in atto, servirà nel migliore dei casi ad abbattere l’impatto dell’inquinamento o a posticipare il momento del collasso del pianeta. La funzione precipua è quella di far credere a chi inizia a percepire il collasso del pianeta, o a chi lo sta già subendo, che ci si stia dando da fare.
«Nel contesto delle Nazioni Unite, quel che l’IPC [Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare – organismo che facilita l’emersione dei movimenti che rappresentano i piccoli produttori di cibo] ha ottenuto presso la FAO è rilevante, se si comprende che in tali spazi internazionali dell’ONU i processi richiedono molto tempo. Al movimento indigeno sono serviti più di 20 anni per ottenere l’adozione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni» (Colombo e Onorati, 2009:241). A parte il fatto che bisognerebbe valutare l’effettiva portata di tutte queste Dichiarazioni che rimangono sulla carta, quello che preme sottolineare è che la lentezza della FAO e dell’ONU è funzionale al non cambiare nulla. Con il tempo chi ha iniziato le sue battaglie e le sue guerre ideologiche smorza la sua foga, invecchia, si demoralizza o si sente appagato, oppure semplicemente muore e avanti così, con sostituti che hanno altre idee e nuovi obiettivi con la conseguenza che il processo ricominci tutto da capo e il mondo mantenga il suo equilibrio tra sfruttati e sfruttatori.
Ed infatti la FAO è permeabile alle esigenze del mercato: «L’influenza della GDO comincia ad emergere anche nella FAO quando scrive che “il contract farming [i contratti di coltivazione, N.d.A.] ben organizzato sembrerebbe offrire uno strumento importante attraverso il quale i piccoli produttori possono coltivare in una forma commerciale. Similmente, offre agli investitori l’opportunità di garantire una fonte affidabile di fornitura, sia sotto il profilo della qualità che della quantità”. Sono gli stessi Stati membri a raccomandare formalmente un impegno della FAO a sostenere questa modalità di produzione e distribuzione nel corso delle conferenze regionali della FAO in Medio Oriente o in Europa. La GDO diviene così un nuovo commensale alla tavola della global governance su agricoltura e alimentazione» (Id., 2009:252-253).
I gruppi privati collaborano con i governi per indirizzare le politiche della FAO e cercare nuovi sbocchi di mercato stimolando il consolidarsi di triangolazioni fra agenzie intergovernative, grandi corporation e fondazioni filantropiche, come le fondazioni Gates, Rockefeller, Sygenta o Clinton, che contribuiscono a forgiare le politiche agricole governative e intergovernative ponendo particolare enfasi sull’impulso alle tecnologie agricole. È chiaro, visto che non ci sarà mai la risoluzione del problema della fame nel mondo, che queste azioni sono portate avanti in funzione di guadagni personali, anche se abilmente mascherati. Infatti «l’altruismo filantropico a vantaggio degli affamati si costruisce investendo nell’azionariato del junk food: l’abbattersi della crisi finanziaria ed economica anche su questi magnati e sulle loro operazioni umanitarie ha infatti spinto la fondazione Gates a reagire con una strategia anticiclica di diversificazione degli investimenti, incrementando la sua partecipazione in McDonald’s dai 4,9 milioni di azioni del mese di settembre 2008 a 6,4 milioni a dicembre, aumentando anche la quota in Coca Cola da 1,7 a 5,7 milioni di azioni» (Id., 2009:254).
Con il grimaldello di una filantropia opportunista, si conquista la possibilità di entrare su nuovi mercati.
Ma proprio per sottolineare come i governi influenzino e facciano pressioni sulla FAO a prescindere da tutte le Dichiarazioni, le riunioni ed i convegni con le parti più deboli il passaggio seguente è molto esplicativo: «La nota formale indirizzata al Direttore Generale della FAO da Canada, Australia, Giappone, Inghilterra, USA e Germania il 4 aprile 2006 gli ricorda in modo poco cortese o diplomatico che loro, come “principali paesi donatori” esprimono “forti raccomandazioni” sul ruolo della FAO... […] In effetti, le discussioni tra gli stati per ridisegnare la FAO del futuro attraverso la riforma delle sue strutture e del suo mandato fondamentale (combattere la fame e la povertà attraverso il miglioramento delle condizioni di vita economiche e sociali di coltivatori rurali più poveri), testimoniamo il tentativo di un gruppo di paesi donatori di dotarsi degli strumenti di governo del Pianeta» (Id., 2009:256-257).
Dal sito ufficiale dell’organizzazione, riportiamo anche che la FAO sostiene come impegno fondamentale «garantire a tutti la sicurezza alimentare per assicurare alla popolazione un accesso regolare ad alimenti sufficienti e di buona qualità per una vita attiva e sana» ed inoltre che «il mandato della FAO è di elevare il livello di nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita dell’economia mondiale».
Le campagne dichiarate della FAO sono sempre fallite o non sono mai state messe in atto? Rispondiamo che la vera funzione della FAO è stata quella di mantenere in equilibrio l’economia di sfruttamento posta in atto nei vari paesi, riducendo le rivoluzioni e le sommosse popolari cruente che vanno a ridurre le potenzialità economiche del sistema mondo. In più, nei paesi ricchi, è servita come strumento di lavaggio della coscienza per le malefatte compiute. Le varie assemblee e riunioni fatte nel mondo, con dibattiti falsamente democratici, hanno funzionato da ricettacolo delle rabbie represse e delle frustrazioni dei popoli deboli ed affamati, ma in realtà i giochi sulla loro pelle venivano fatti altrove.>>

(Testo tratto dal libro "Il Piatto Piange" di Andrea Meneghetti vedi qui)

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