martedì 12 giugno 2012

McDonaldizzazione 2/3

<< Per adattarsi all’etica del consumatore, la catena di ristoranti McDonald’s ha agito anche in altre direzioni, perché per penetrare il mercato bisogna tener conto di vari altri aspetti etici e non solo della percezione degli animali, dell’impatto ambientale e delle condizioni del lavoro: «[...] i McDonald’s si sono dovuti adattare ovunque ai gusti locali spesso influenzati da norme religiose: in Israele, per esempio, si vendono Big Macs senza formaggio per non contravvenire alle norme Kosher della cucina ebraica che richiedono la separazione di carne e latticini; in India si servono soprattutto Maharajah Mac, con carne di montone, che possono essere consumati sia dai Mussulmani che non mangiano maiale, sia dagli Hindu che non possono cibarsi di carne bovina» (Sassatelli, 2004:478). L’adattamento alle norme religiose è quindi un altro aspetto dell’etica nella ristorazione.
Quindi, quello che McDonald’s ha globalizzato è la tecnica produttiva e di vendita, più che il menù, che si è adattato all’etica alimentare e alle abitudini dei luoghi dove ha aperto nuovi punti vendita.
«Da tempo, l’offerta dei prodotti è stata adeguata alle abitudini alimentari locali, anche se la penetrazione di McDonald’s è oggi ostacolata da catene che interpretano culture diverse. Ad esempio, a Parigi, in un sobborgo abitato da immigrati arabi, nasce nel 2005 il Beurger King Muslim, il primo fast food mussulmano e il primo locale in Europa a utilizzare carni macellate secondo il rito islamico» (Franchi, 2009:160-161). Questa evoluzione dei consumi cerca di soddisfare le etiche religiose e politiche poiché le multinazionali hanno dei concorrenti locali che magari meglio interpretano le esigenze di appartenenza dei vari consumatori nei diversi paesi: «La ricerca di consumi che aderiscano a modelli globali e siano nel contempo ancorati alla tradizione è oggi più forte. Non a caso, nei paesi islamici le vendite della Coca-Cola sono precipitate insieme a quelle di altre famose marche americane a causa dei sentimenti antiamericani. [...] In alternativa alla bevanda americana, arriva dall’Iran la Zam Zam Cola […] Il prodotto viene confezionato da una società che ha operato da una cinquantina d’anni nel settore delle bevande e che fu per un certo tempo partner della Pepsi-Cola» (Franchi, 2009:161).  I metodi produttivi non dovrebbero distaccarsi molto da quelli occidentali, che già impongono dei dubbi etici, eppure questi consumi gratificano l’etica dei consumatori e la loro forma mentis ideologizzata.
E così, per meglio interpretare i gusti dei consumatori dei nuovi mercati, si fanno anche degli investimenti in ricerca: «Nel 2006 McDonald’s apre un centro studi culinari a Hong Kong, base per l’attività in Asia, Australia, Medio Oriente, Africa e lì crea menù locali, come i McArabia e i McCina» (Ibidem).
Tutte le operazioni di marketing hanno poi la funzione di mascherare la mattanza degli animali e accentuare la destrutturazione dell’animale nell’hamburger mangiato, per non ricondurlo all’animale ucciso.
In conclusione, dobbiamo rilevare l’impatto ambientale esercitato da parte degli schiavi del mondo ricco (i suoi poveri relativi) che li manda a mangiare al McDonald’s. Sono gli stessi che, all’uscita, inconsapevoli del meccanismo in cui sono inseriti, danno anche un’offerta alla lega antivivisezione o a Greenpeace. Questo è davvero un paradosso.

Quando si parla di McDonald’s, non si può evitare di toccare il suo fenomeno antitetico per eccellenza: lo Slow Food. Questo movimento, che ha un carattere fortemente eticizzato e fornisce quindi fortissime storture nella percezione dell’alimento e dell’alimentazione, si vuole differenziare dal fast food e allontanare dalla frenesia della vita moderna.
Posto che il fenomeno necessiterebbe di un’analisi più approfondita, ci limitiamo a dire che, praticamente, non c’è differenza tra McDonald’s e lo Slow Food dal punto di vista dei loro messaggi nel senso che, quali essi siano, sono entrambi fuorvianti; ognuno, comunque, nella direzione di gratificare esigenze etiche ed alimentari.
«Qualche mese dopo la caduta del muro di Berlino, nell’estate 1989, la McDonald’s Corporation annuncia l’apertura del suo primo ristorante nella Germania Orientale. Il primo Mc Donald’s nasce proprio a Plauen, una piccola città dell’Europa dell’Est dove si era svolta la prima dimostrazione di massa contro il governo comunista. Nello stesso periodo si tiene a Berlino la prima manifestazione del movimento internazionale dello Slow Food, inaugurato con un banchetto per cinquecento ospiti. […] I due episodi sono emblematici di come il cibo catalizzi l’aspirazione a una fase di valorizzazione dei bisogni di consumo dopo la lunga compressione operata dal regime comunista. Sul cibo si misurano le prime conquiste della democrazia e si esprimono, nel contempo, le due anime che sottendono i comportamenti alimentari: una segnata dalla modernizzazione, dalla diffusione di cibi a basso costo a masse crescenti di popolazione, l’altra orientata alla riscoperta della tradizione, alla valorizzazione della qualità e della dimensione locale» (Franchi, 2009:160).
McDonald’s in realtà vende un’immagine di democrazia e modernità dove tutti possono entrare, sanno quello che spendono, si sentono a casa ed accettati. Dall’altra lo Slow Food, anche se si autodefinisce “buono e giusto”, in pratica è elitario e lo deve rimanere perché consumare slow food implica cultura e disponibilità economica. Quindi, a differenza dell’autrice del libro, la nostra analisi identifica in questa casuale concomitanza di eventi, l’essenza del cibo come veicolatore dell’etica e delle pulsioni di ognuno di noi. In quella determinata area era stata impedita l’espressione di queste pulsioni. Caduto l’impedimento, l’esigenza torna ad esprimersi in entrambe le direzioni, anche se, alle volte, con eccessi richiesti da disagi psicologici e nevrosi alimentari.>>

(Testo tratto dal libro "Il Piatto Piange" di Andrea Meneghetti vedi qui)

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